Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge nasce dalla necessità, ormai improcrastinabile, di operare una rivisitazione del codice di procedura penale.
      I problemi che affliggono il sistema processualistico sono noti, e ben riassunti dall'affermazione del Primo presidente della Corte di cassazione, Nicola Marvulli, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2006: «Il codice del 1989, nato come ambizioso progetto di rito accusatorio, è ormai un relitto in disarmo, sulle cui ceneri si è costruito, attraverso reiterati interventi normativi, un sistema che ha il pregio di rendere meno funzionale l'amministrazione della giustizia.
      Basti pensare che l'attuale, lunga durata delle indagini preliminari sembra proprio aver resuscitato quell'antica, sommaria istruzione che il Pubblico Ministero era aduso compiere nella più palese violazione di quella regola che prevede la presenza dell'accusato dinanzi al suo giudice naturale, una regola già applicata dall'imperatore Traiano, e da noi riscoperta nel 1989, ma di nuovo posta nel nulla».
      Oltre alla sottrazione dell'imputato al giudice naturale, il sintomo più evidente della crisi del sistema è la lentezza con cui si attua la risposta dell'ordinamento alla violazione della norma, da cui discende la sensazione di una legalità meramente apparente.
      Da ultimo, la riforma costituzionale dell'articolo 111, con l'introduzione della normativa sul giusto processo, ed il doveroso rispetto dei princìpi sanciti a livello europeo ed internazionale, rendono necessaria la rivisitazione completa delle norme che regolano il procedimento penale.

 

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      Fino ad oggi non è mai stata attuata una riscrittura completa del dettato codicistico, ma sono stati eseguiti interventi isolati su singole norme o istituti, con la conseguenza di avere, oggi, un testo disomogeneo, a volte contraddittorio e spesso inadeguato.
      Per questi motivi, il testo presentato oggi procede al riesame analitico di tutte le norme, per un totale di 842 articoli, con numerazione diversa dal precedente, ed elaborato sulla base di tre direttive fondamentali:

          a) rivisitazione del sistema delle garanzie, al fine di sveltire la procedura senza penalizzare i diritti;

          b) semplificazione delle forme, al fine di aumentare l'efficienza;

          c) riconduzione dell'imputato al giudice naturale.

      Il libro primo, disciplinante i soggetti, non ha subìto modifiche sostanziali, salvo che per la riscrittura delle norme in forma più chiara ed esaustiva.
      L'impostazione precedente è rimasta immutata, ma è stato apportato un cambiamento di grande rilievo, circa la determinazione della competenza.
      È infatti stabilita una competenza in capo al giudice collegiale, per le ipotesi non assegnate al giudice di pace, al giudice monocratico o alla corte d'assise.
      Ampliata ed in parte modificata è la disciplina della incompetenza, per quanto attiene alla sua rilevazione ed ai soggetti abilitati a presentare la relativa eccezione.
      Alcune modifiche sono state apportate al libro secondo, disciplinante gli atti.
      In particolare, è stata eliminata la distinzione tra le nullità di ordine generale e le nullità assolute, causa di notevoli difficoltà interpretative, data la totale assenza di una norma che specifichi i presupposti e le conseguenze dei due diversi tipi di nullità.
      L'unificazione al di sotto di un'unica categoria e di un unico regime, contribuisce alla semplificazione dell'attività.
      Per quanto riguarda il libro terzo, resta sostanzialmente invariato il regime delle prove, salvo che per l'introduzione della diversa definizione di «tema di prova».
      Una novità importante si registra nella disciplina della testimonianza, mediante la riscrittura della norma sull'«incompatibilità con l'ufficio di testimone» e la soppressione della disciplina di cui all'articolo 197-bis (Persone imputate o giudicate in un procedimento connesso o per reato collegato che assumono l'ufficio di testimone).
      In questo modo è finalmente superata l'attuale ambiguità creata dalla distinzione tra testimone, che ha cognizione diretta dei fatti ma è estraneo al processo, e dichiarante, le cui dichiarazioni necessitano di riscontri di natura diversa, per fondare una condanna.
      Il problema del riscontro è rimasto lettera morta per anni, e ha creato il problema dei collaboratori di giustizia, le cui dichiarazioni hanno valore probatorio.
      Sempre in tema di accertamento penale, è stata eliminata la distinzione tra perito, nominato dal giudice, e consulente, nominato dalla parte, mediante l'accorpamento nella sola figura del perito, allo scopo di configurare il diritto alla perizia come diritto alla testimonianza.
      Il libro quarto viene rivisto al fine di modernizzare il sistema cautelare, senza però intaccare le garanzie.
      Infatti, la disciplina delle misure cautelari, regolate nell'ottica del privilegio della libertà sull'autorità, resta parzialmente immutata.
      Esse sono concepite come misura estrema, da adottare in caso di assoluta necessità e sulla base di presupposti ben definiti, e rimangono quindi ferme le condizioni dei gravi elementi di colpevolezza e delle specifiche esigenze ai fini delle indagini.

 

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      All'interno delle misure cautelari e delle garanzie sopra enunciate, è riportata la disciplina dei tradizionali mezzi di ricerca della prova e delle intercettazioni.
      Esse sono raccolte sotto la denominazione di misure cautelari probatorie e per il connotato di forte invasività che le caratterizza, il loro esperimento è subordinato all'esistenza di «gravi elementi di prova» ed al collegamento «concreto ed attuale» tra il reato ed il soggetto destinatario della misura.
      Interventi arbitrari o non sufficientemente motivati comporteranno l'inutilizzabilità della prova raccolta.
      Quanto alle intercettazioni, oggetto di recentissime polemiche, si è optato per la loro riconduzione nell'ambito delle misure cautelari probatorie, ed alla sottoposizione sia alla riserva di legge che di giurisdizione.
      Inoltre, è ammessa e regolamentata anche l'intercettazione del flusso di comunicazioni da sistemi informatici o telematici, sulle cui risultanze il giudice potrà fondare la motivazione di una misura cautelare.
      Si potranno così utilizzare le informazioni di indubbia importanza fornite da carte di credito o telepass.
      Non di controllo da parte dello Stato si tratta, poiché, anche in questo caso, la necessaria invasione delle libertà costituzionali che l'espletamento delle intercettazioni comporta, si basa sulla sussistenza di «gravi indizi di reato», sull'indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini e, soprattutto, sul collegamento con reati di particolare pericolosità.
      A favore dell'indagato è poi introdotto, per la prima volta, l'interrogatorio preventivo o di garanzia, in modo tale che il giudice ascolti l'interessato prima di emettere la misura.
      Infine, sono semplificate le forme di impugnazione, mediante la riscrittura, in modo più chiaro e puntuale, delle disposizioni concernenti gli adempimenti, i tempi e le attività delle parti.
      In particolare, è specificato l'obbligo di allegazione dei motivi al ricorso che introduce il giudizio in cassazione, e la facoltà del ricorrente di enunciarne di nuovi prima dell'inizio della discussione.
      Gli interventi operati sul libro quinto, si pongono, sostanzialmente, nell'ottica di una riorganizzazione che promuova l'efficienza.
      Così si procede alla ridefinizione dei ruoli di polizia giudiziaria e pubblico ministero, soprattutto per quanto riguarda lo svolgimento delle indagini e l'acquisizione delle notizie di reato.
      Mediante un accentramento delle attività in capo alla polizia, si elimina l'attuale dispersione di energie tra sezione e servizi.
      Allo stesso modo, è portato ad un mese il termine entro il quale la polizia deve trasmettere la notizia di reato, ma resta fermo l'obbligo di svolgere ulteriori indagini anche a seguito del passaggio di testimone alla magistratura.
      Le variazioni apportate al libro sesto, per quanto attiene ai procedimenti speciali, consistono nella parziale riscrittura della disciplina, in chiave di maggior efficienza ed economia processuale.
      Viene, infatti, anticipato il termine entro il quale presentare la richiesta del giudizio abbreviato e del patteggiamento, dovendo l'istanza pervenire entro l'udienza preliminare al dibattimento, di cui si parlerà più avanti.
      Per quanto riguarda il giudizio abbreviato, è eliminato l'atto di consenso da parte del pubblico ministero.
      Il patteggiamento sarà applicabile soltanto a richiesta della parte, e potrà dalla stessa essere subordinato alla concessione della sospensione condizionale della pena.
      In caso negativo, l'istanza sarà rigettata e si procederà nelle forme ordinarie.
      Resta ferma la possibilità di optare per il patteggiamento nel corso delle indagini preliminari.
      Il nuovo codice stabilisce poi, nell'ottica della celerità, l'applicazione automatica del giudizio direttissimo nel caso di arre- sto
 

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in flagranza di reato, a seguito della convalida dell'arresto.
      Infine, per quanto riguarda il giudizio, tra le novità più incisive da segnalare c'è la previsione di un'attività integrativa di indagine, che può essere esperita dal magistrato o dal difensore, dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, e l'introduzione di un'udienza preliminare al dibattimento.
      È, infatti, prevista un'udienza in camera di consiglio nella quale fare il piano dei lavori e presentare le richieste di prove e riti alternativi.
      In base a tali richieste, ed alla constatazione delle attività da esperire, sarà possibile stendere un calendario delle udienze, ed eliminare il problema dei rinvii inutili.
      Allo stesso scopo di evitare i rinvii non necessari, è introdotto l'obbligo per il presidente del collegio di verificare, almeno trenta giorni prima, che le notifiche siano pronte.
 

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